venerdì 30 luglio 2010

Umbria - Tra foreste e viadotti (Parte 2)


Oltre la Spoleto-Norcia, l'Umbria offre tanto altro all'appassionato ferroviario. Anzi, spesso è proprio la ferrovia, attiva o meno, un modo per immergersi in questa regione e gustarne a fondo ogni particolare, oltre che per conoscere luoghi dall'incomparabile bellezza.
Contro i 52 km della Spoleto-Norcia, la Ferrovia Centrale Umbra si snoda, per gran parte lungo la valle del Tevere, per 157 km, attraversando tutta l'Umbria da Sansepolcro a Terni, passando per Perugia e la sua diramazione da Ponte San Giovanni a Sant'Anna, della quale parleremo tra poco.


Ferrovia che, in qualche maniera, possiede un rapporto di parentela con le nostre Calabro-Lucane. Di fatti, il tratto da Terni a Umbertide fu messo in opera dalla SSFM, la Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo, o più semplicemente la Mediterranea. Nata come MCU (Mediterranea Centrale Umbra), all'atto della ricostruzione del tratto Umbertide - Città di Castello - Sansepolcro divenne MUA (Mediterranee Umbro Aretine), per poi diventare, sotto Gestione Commissariale Governativa, FCU (Ferrovia Centrale Umbra) nel 1982.


Il viaggio ha inizio a Terni, dove via Foligno RFI si raggiunge Perugia Ponte San Giovanni. L'occasione per gustarsi un pò di Valnerina dal finestrino delle MDVE laziali, dove si viaggia comunque senza infamia e senza lode, a dispetto di molte critiche che arieggiano su di loro. Alle 10.12 l'approdo a Ponte San Giovanni, stazione inaspettatamente piccola nonostante la tripla diramazione che possiede. Cinque binari con marciapiedi striminziti, attraversamento a raso e ben pochi segni di modernità, se non il Pinturicchio FCU in sosta sul primo binario, in attesa di prendere probabile servizio su Ellera o Sansepolcro.

Stazione di Perugia Ponte San Giovanni

Pinturicchio FCU in sosta a Perugia Ponte San Giovanni

Alle 10:40 arrivano, quasi in contemporanea, il Regionale Firenze Santa Maria Novella - Foligno e il treno FCU Perugia Sant'Anna - Sansepolcro, espletato dalla ALn776.076.
Messo piede su quest'ultimo, è il momento di cominciare a "conoscere meglio" le automotrici della FCU, occupanti la stragrande maggioranza del parco rotabile sociale. Direttamente derivate dalle ALn663 FS, si differenziano da esse per l'assenza del vano postale, che ha permesso l'incremento dei posti a sedere da 63 a 76, come la sigla stessa suggerisce. Oltre a ciò, le 776 si differenziano per la costruzione in due "famiglie": le automotrici monocabina "M" e le bicabina "B". Le monocabina vengono utilizzate in composizione bloccata con almeno un'altra automotrice M, o a volte con una o più B intercalate. La differenza maggiore tra le due serie è il frontale (privo di intercomunicante e con doppio vetro nelle monocabina, identico alle 663 nelle bicabina), mentre le altre differenze si riducono a minuterie come luogo di costruzione (Savigliano o Colleferro) o cannellatura del tetto. Queste automotrici hanno ricevuto ben tre colorazioni, passando da un sobrio bianco-azzurro-rosso ancora in uso presso la Sangritana, ad un arancio-blu, per poi arrivare all'attuale livrea Perugino, inizialmente destinata solo all'omonimo servizio e poi estesa, giustamente, a tutti i mezzi sociali. Altro dato rilevante è la velocità di punta, ben 150 km/h, l'automotrice diesel di famiglia Fiat Ferroviaria più veloce in assoluto, cosa che le consente di espletare servizi anche sulla Direttissima Firenze - Roma, dove la velocità minima ammessa è di, appunto, 150 km/h.

ALn776.076 a Sansepolcro

Il rumore del propulsore Fiat, analogo a quello di ALn.668 ed M4c, fa sentire anche un pò a proprio agio, data l'ormai consolidata abitudine, dalle nostre parti, a questi suoni.
Il treno prosegue regolarmente verso Sansepolcro. A Pierantonio incrociamo un altro Pinturicchio in servizio sul ramo nord della rete sociale -evento raro a detta del personale di servizio-, oltre che un vecchio rimorchio pilota accantonato nello scalo merci della stazione.
Non passa molto prima di arrivare a Umbertide, vero fulcro delle attività FCU con la piccola officina sociale gremita di mezzi, tra cui la appena rinnovata E.122 e i D341 accantonati, speriamo non in attesa di demolizione (anche se tutto lascia presagire il peggio).

Officine sociali di Umbertide viste dal treno

Ripartiti da Umbertide, si continua a risalire la valle del Tevere. Passiamo per Città di Castello e le sue diverse fermate interne al comune. Fermate facoltative, in un modello d'esercizio classico di molte ferrovie in concessione. Merita una piccola menzione il tratto da Umbertide a Sansepolcro. All'occhio più attento, può apparire evidente come a Umbertide si abbiano ben due fabbricati viaggiatori, di cui uno "in linea" con lo stile classico FCU, l'altro, usato tuttora per servizio viaggiatori, ben più grande. E si può notare come, da Umbertide in avanti, gli edifici assumano caratteristiche leggermente diverse, visibili in primis dalle scritte indicatrici della località. Infatti, il tratto da Umbertide a Sansepolcro fu un tempo sotto la gestione della FAC, la Ferrovia Appennino Centrale che collegava Arezzo con Fossato di Vico, comprendendo il tratto Sansepolcro-Umbertide. Tale ferrovia venne distrutta dalla ritirata nazista alla fine della Seconda Guerra Mondiale, per poi venire ricostruita ed aperta nel 1956 dalla MUA, con alcune varianti di tracciato e la conversione da scartamento ridotto a ordinario. Sansepolcro -sita al di fuori del confine regionale, in provincia di Arezzo- è stata costruita con modalità passante, dato il previsto proseguimento, mai realizzato, per Forlì e la Riviera Romagnola.

Fabbricato Viaggiatori a Sansepolcro

Automotrici in sosta a Sansepolcro

Oltre a una ALn776 sul primo binario, in fondo all'asta di manovra è visibile una vecchia elettromotrice del gruppo E.100, accantonata e forse scampata alla demolizione. Non abbiamo il tempo di andarla a visitare, dato che il treno riparte dopo soli 5 minuti. Il tempo per il cambio banco e per un caffè.
Il tragitto di ritorno è occasione per una chiacchierata sulla storia e sulla situazione attuale della FCU, riuscendo a cogliere appieno la simpatia e la gentilezza del personale di bordo. Dopo poco più di un'ora, siamo di nuovo a Ponte San Giovanni. Da lì imboccheremo la diramazione per la centralissima Perugia Sant'Anna, interessata da futuro raddoppio nell'ambito del sistema ferroviario suburbano. Una diramazione da far venire i brividi, con la sua pendenza del 60x1000 (tratta italiana a scartamento ordinario con maggiore pendenza), dove le ALn776 danno il meglio di sè, arrampicandosi con tranquillità verso la città. La stazione di Perugia Sant'Anna è esattamente nel centro città, e con i suoi 4 binari tronchi rappresenta una piccola bomboniera, oltre che un importante portale per raggiungere la città.

Panoramica di Perugia Sant'Anna

ALn776 in sosta a Perugia Sant'Anna, con la ex-rimessa locomotive in secondo piano

Arrivati alle 12.52, c'è da attendere il treno alle 14.10 per Terni. Non c'è occasione migliore per fotografare l'area circostante la stazione. Un veloce pranzo in stazione e poi la ripartenza. Sul tabellone, però, appaiono due treni in partenza alle 14.10, il che crea un pò di confusione. Oltre al nostro treno per Terni, infatti, ne porta anche uno per Sansepolcro. Salito sulla 776.062, dopo un pò si sentono dei forti contraccolpi. Infatti, viene unita alla nostra la 776.075, che proseguirà poi per Sansepolcro. E' il primo esempio di regionale a doppia sezione che vedo effettuare in Italia in "tempi moderni". Di fatti, a Ponte San Giovanni le due automotrici vengono di nuovo staccate, proseguendo poi ognuna in direzione opposta all'altra. Esempio di efficienza ed organizzazione difficilmente riscontrabile in altre imprese ferroviarie.
Il tratto da Ponte San Giovanni a Terni, passante per Marsciano e Todi, è sicuramente più interessante paesaggisticamente parlando, oltre all'assenza per lunghi tratti della rotaia saldata, che regala il fantastico rumore e i sobbalzi delle ruote sulle giunture. A Morsciano incontriamo l'unico scalo merci dell'intera rete sociale attrezzato per il carico/scarico di casse mobili, mentre a Todi fa bella mostra di se un antico carro chiuso della MUA insieme ad altri piccoli carri per la manutenzione.
A Massa Martana incontriamo di nuovo il vecchio Badoni bimotore accantonato da anni nella stazioncina, visto da vicino nel pomeriggio del giorno prima. Passati dalla rinomata località termale Sangemini, entriamo nell'area suburbana di Terni, anch'essa interessata da un progetto di Metropolitana di Superficie da Cesi alla stazione FS. Si notano, infatti, diverse fermate in veloce successione e il binario di raddoppio in parte posato. Arriviamo a Terni poco dopo le 15, con le consuete manovre dei carri merci in partenza.

ABL.31 a Massa Martana

ALn776.062 a Terni

Un ottimo modo per chiudere il primo giro umbro di Ferrovie in Calabria, con un'azienda per molti versi da ammirare (nessun proprio autobus in concorrenza con i propri treni, efficacia del servizio anche a costo di maggiori manovre), per altri da bacchettare (bassa attenzione al proprio patrimonio storico, come testimoniano le demolizioni di D341 ed E100).

Le valigie per tornare in Calabria sono pronte, con il solito motto puntualmente e saldamente confermato: "Non si torna mai a mani vuote"



mercoledì 28 luglio 2010

Umbria - Tra foreste e viadotti (Parte 1)

L'Umbria, si sa, è una delle regioni più affascinanti e spettacolari d'Italia. Immensi boschi, gole profondissime, città d'arte, meraviglie ingegneristiche, cultura.
Il nostro Alessandro, in arte Alexmos, dopo ripetuti tentativi è riuscito a convincermi a visitare le bellezze di questa regione, anche -e soprattutto- sotto l'aspetto ferroviario.
Una regione famosa sotto molti termini in ambito ferroviario: i raccordi delle acciaierie a Terni, la spettacolare Terni - L'Aquila - Sulmona, la Ferrovia Centrale Umbra con il 60x1000 tra Perugia Ponte San Giovanni e Perugia Sant'Anna, le due dismesse FAC (Ferrovia dell'Appennino Centrale) e FSN (Ferrovia Spoleto - Norcia). Tutto da vedere e gustarsi alla migliore maniera.
L'arrivo a Terni ci viene garantito intanto dall'Exp954, mega-sosta a Metaponto compresa. Alessandro sale a Corigliano, con le luci della carrozza 6 che restano costantemente indecise se funzionare o meno. Metaponto, fatidiche due ore di soste in attesa della sezione leccese dell'Exp956.

Metaponto, ore 23.30. Attendendo l'Exp956 da Lecce..
Dopo l'arrivo dei "leccesi", si riparte alla volta di Roma passando per Potenza, quindi anche Ferrandina dove l'ex-rimessa delle Ferrovie Calabro Lucane sorge magnificamente illuminata assieme alla stazioncina. E' notte fonda, si prende sonno più o meno in fretta tra una chiacchierata e l'altra. Alle 6.40 siamo a Roma Termini, col regionale per Foligno già pronto sul secondo binario. E464 con MDVE e pilota MDVC in testa, classici sedili squadrati delle medie distanze.
Dopo un'oretta buona di viaggio, in Direttissima fino a Orte, si arriva a Terni. Ad accoglierci, una tripla composizione di ALn776 della FCU pronte per Roma Tiburtina. Dopo, autobus appena fuori la stazione e si raggiunge la "base", casa di Alessandro, con tutti i bagagli al seguito. Al suo ritorno dall'ufficio, intorno alle 18, un veloce sopralluogo al tracciato della tramvia Terni - Ferentillo.

Cominciamo, la mattina del giorno dopo, da quella che è forse la ferrovia più spettacolare mai costruita in Italia. Nè le parole, nè le immagini, possono rendere giustizia all'immensità del progetto e della struttura che rese possibile collegare due città come Spoleto e Norcia. Nel primo tratto incredibili opere ingegneristiche, nel secondo una stretta collaborazione con la natura e un perfetto inserimento nei suoi schemi e nelle sue logiche. Una genialità brutalmente e stupidamente buttata via, che oggi non si può far altro che rimpiangere.
Spoleto, stazione FS
La Spoleto - Norcia aveva inizio dalla stazione FS di Spoleto, dove due piccoli marciapiedi posti nel piazzale esterno permettevano ai viaggiatori di prendere il "trenino azzurro" immediatamente scesi dai ben più grandi e potenti treni FS. Il treno, una volta partito da Spoleto FS, arrivava lateralmente rispetto al Fabbricato Viaggiatori della stazione di Spoleto Città, punto nevralgico della FSN. Tale stazione disponeva, oltre a questo binario di raccordo con la stazione FS, di ben quattro binari terminali, usati per manovre di sgancio/aggancio rimorchiate e rimessaggio, oltre che di rimessa/officina e uffici poco oltre la stazione. Tutte strutture ancora oggi ben conservate, specie la stazione all'interno della quale è stato allestito un piccolo museo riguardante la ferrovia.

Visuale lato binari del fabbricato della stazione di Spoleto FSN
Lato strada, con la scritta "Ferrovia Spoleto-Norcia" ben in evidenza
Lungolinea, casello Cortaccione al km.2+642
Poco prima del casello, affiora il cippo del km.2
Lasciata Spoleto, la ferrovia cominciava la sua forte salita verso Caprareccia. Con un gradiente di pendenza spesso intorno al 35x1000, la linea si snodava per le campagne spoletine, regalando panorami mozzafiato ai propri viaggiatori. Dopo quasi 3 km, si incontra la prima galleria della linea. Galleria breve, interamente scavata a mano nella roccia viva, la quale poi sbuca in una delle maggiori opere della linea. Il Viadotto di Cortaccione, incastonato tra i due versanti della vallata scavata dal torrente omonimo.
Il Viadotto di Cortaccione visto dalla strada
Panorama dal viadotto
All'interno del tunnel, ancora munito delle mensole per la TE, prima del viadotto Cortaccione
Un ponte che si erge maestoso sugli alberi della vallata, una costruzione ad archi dall'incredibile imponenza. Starci di sopra è bello ma allo stesso tempo un pò vertiginoso, data l'enorme altezza a cui si sta. La risistemazione dei parapetti, nell'ambito della risistemazione della linea per usi ciclistici e pedonali, ha reso certo più sicuro l'attraversamento del viadotto. Un'esperienza assolutamente irripetibile.

Lasciato Cortaccione, il treno continuava a girovagare per i costoni rocciosi delle colline preappenniniche, arrivando poi finalmente alla stazione di Caprareccia. Ma non in maniera "normale", proprio per nulla normale anzi. Di fatti, la linea prima di entrare nella stazione, eseguiva un elicoidale a cielo aperto che circoncideva la collinetta, per poi risbucare sopra ed impegnare il Viadotto di Caprareccia, il più lungo della linea e con una conformazione a "S". Vederlo dal basso, senza riferimenti, mette confusione in relazione al giro che la linea faceva per raggiungerlo. Sono servite immagini d'epoca e schemi per capirlo, dato che tutt'ora il sedime è visibile solo avvicinandosi e facendosi spazio tra la vegetazione.

La struttura ad S del Viadotto di Caprareccia
Viadotto di Caprareccia visto dalla strada
La stazione di Caprareccia, l'unica intermedia costruita col fabbricato "grande", oggi sorge nascosta dalle piante, mentre il suo piazzale è solo inizialmente rimasto tale, con un grande spiazzo di ghiaia, dal quale tra l'altro si può comodamente accedere al ponte, da cui si gode di un'altra vista mozzafiato sulle vallate.

Mensole della TE alla stazione di Caprareccia
Un cancello ferroviario lungolinea, poco prima della galleria di valico
Lasciata Caprareccia, si tenta di arrivare alla galleria di valico, lunga ben 2 km, posta poco oltre la stazione. Arrivarci è un'impresa, date le piante che anche lì la fanno da padrone. Il portale sbuca tra i rovi e le foglie, quasi come una presenza oscura uscita fuori dal nulla. Entrarci dentro ricorda tanto la Galleria del Sansinato e l'aria che si respira al suo interno. Qui però mancano i binari, purtroppo..
Veloce sguardo all'interno della galleria e, via strada, si raggiunge lo sbocco della galleria, passando per il microscopico paese di Tassinare, frazione di Sant'Anatolia di Narco.
Da qui ha inizio il tratto in discesa verso la stazione di Sant'Anatolia di Narco-Scheggino, il tratto in assoluto più ingegneristicamente spettacolare dell'intera tratta, forse dell'intero mondo ferroviario italiano.
Ben due elicoidali, una galleria a ferro di cavallo e diversi viadotti, tra cui due esattamente dirimpetti tra loro. Il tutto per scendere da quota 653 a quota 328 metri s.l.m., giusto per far presente di come, ai tempi, l'ingegneria fosse una scienza sbalorditiva.

Lo sbocco lato Norcia della galleria di valico, lunga oltre 2 km
Arrivati alla stazione di Sant'Anatolia di Narco-Scheggino, termina la tratta prevalentemente "ingegneristica", per immettersi nella tratta della Valnerina, costeggiando il fiume Nera e cominciando, quindi, la tratta naturalisticamente più bella della linea.
Correndo a valle, la ferrovia da Sant'Anatolia tocca le stazioni di Piedipaterno (fornita anche di sottostazione elettrica), Borgo di Cerreto e Triponzo-Visso, oltre che le fermate facoltative di Castel San Felice e Vallo di Nera.

Stazione di Sant'Anatolia di Narco-Scheggino
La sottostazione elettrica a Piedipaterno
Fermata di Castel San Felice
Pian piano, la valle comincia a stringersi, diventando poco più di una gola. Dopo Triponzo-Visso, stazione che cessò ufficiosamente la sua attività viaggiatori solo pochi anni dopo l'apertura della linea a causa dell'eccessiva lontananza ed inaccessibilità a causa delle piene del Nera, la linea entra in un tratto racchiuso all'estreno tra le gole scavate dal fiume Corno, affluente del Nera proprio nei pressi di Triponzo. Qui ci sono anche diverse strade definitivamente chiuse al traffico e abbandonate, a dimostrazione di come la geologia di queste zone sia tremendamente instabile e di difficile gestione. E' da qui che la linea affianca la "Balza Tagliata", mulattiera costruita in età preromana scavando un canale nei lastroni di roccia viva. Un qualcosa di unico e spettacolare.
Nel frattempo, le luci del sole lasciano posto al buio, rendendo difficilissimo fotografare le opere d'arte di questo tratto. Di fatti, è in questa zona che si può trovare una galleria costruita a picco sul fiume, con un breve tratto ad archi a mò di parafrane. Dopo qualche chilometro si arriva alla fermata di Biselli, paese semiabbandonato dopo lo sciame sismico del 1997/98, dalla quale inizia una serie di ripetuti attraversamenti sul fiume Corno, costituiti da ponti in ferro dei quali oggi non resta nient'altro che i basamenti in pietra. Tali attraversamenti vennero costruiti come variante al tracciato originario dopo il terribile terremoto del 1975. Di fatti la linea, in quel punto, correva solamente sulla sponda sinistra del Corno. Alla stazione di Serravalle-Cascia (dove fu prevista la diramazione per Cascia, sita a pochi chilometri), si "cambia" di nuovo fiume, entrando nella valle del torrente Sordo, oggi principale affluente del Corno se non vera e propria parte integrante. Da qui a Norcia solo tre fermate facoltative (Villa di Serravalle, Casali di Serravalle e Norcia Porta Romana) per poi giungere nella stazione terminale della linea. Linea che avrebbe dovuto proseguire su Piediripa, solo 7 km più avanti con un tracciato pressochè rettilineo.

Stazione di Norcia, lato strada
Giunti nella città famosa per i suoi ottimi salumi e per aver dato i natali a San Benedetto, patrono d'Europa, giusto il tempo di scattare una foto, ormai notturna, al fabbricato della stazione per poi riversarsi nel grazioso e curatissimo centro città. Una pizza, e si rientra a Terni. Ne approfittiamo però per tornare a "risalutare" la stazione di Spoleto e per assistere all'incrocio dell'IC Tacito Milano C.le-Terni con l'ultimo regionale per Foligno della giornata, alle ore 00:10, giusto per chiudere in bellezza.

Prossimo passo su una ferrovia che, a differenza della Spoleto-Norcia, può vedere ancora i suoi treni camminarci di sopra.

Immagini riguardanti tutta la linea Spoleto-Norcia: http://www.trainsimitalia.net/tsi_photogallery/index.php?cat=24