martedì 15 giugno 2010

Puglia: un salto nel passato (2° parte)

Come detto, il meglio doveva ancora arrivare, il 6 Giugno 2010.
La sveglia è fissata alle ore 5.00, massimo un'ora dopo si deve essere di nuovo in viaggio alla volta di Taranto.
Si parte da Martina Franca, dove si è alloggiato la notte nel particolare e davvero grazioso Bed&Breakfast "Valle d'Itria", composto anche da qualche trullo qua e . Il tempo di darsi una sciacquata, vestirsi, prendere le ultime cose che si è già fuori. Il sole appena sorto domina la Valle d'Itria, mentre Giuseppe arriva puntuale ai cancelli del Bed&Breakfast.
Sono le 6.00, si lascia il B&B e si va in centro, a Martina Franca, per un sano caffè mattutino in compagnia di Giuseppe.

Trulli del B&B appena svegliati. Ore 5.00

Dopo un buon caffè in un bar di una stazione di servizio in centro città, tra persone come rimasugli della notte mondana appena terminata, ci si avvia per Taranto. Mezz'ora di viaggio nella Valle d'Itria, anche se via strada (la tratta è praticamente la stessa del mini-tour sulle FSE:http://ferrovieincalabriaviaggi.blogspot.com/2010/03/caimani-sud-est-da-taranto-locorotondo.html), per poi arrivare nella sempre bellissima stazione di Taranto intorno alle 6.30. Accolti dall'ETR.450 pronto in partenza per Roma Termini, notiamo subito come il marciapiede di stazione sia piuttosto pieno di persone in tenuta turistica, con t-shirt e grossi zaini sulle spalle. Sono per lo stesso nostro motivo: il Treno dell'Archeologia.

La E626.185 entra in stazione a Taranto. Sullo sfondo, l'ETR450 per Roma Termini

Il convoglio entra in stazione alle 7.10 circa dopo la partenza dell'espresso da Roma Termini di nuovo con carrozze letti e cuccette, con la E626.185 titolare del lungo convoglio, 9 carrozze di un'epoca spaziante dal 1931 al 1964. La più giovane è la D443, anni '70, da Taranto a Bari piazzata in coda al treno in modo da evitare l'inversione una volta arrivati a Bari Centrale.
Il treno è una prova della bravura e della competenza dei soci dell'ATSP, l'Associazione Treni Storici Puglia. E' evidente e percepibile la bellezza e l'elevato grado della qualità di conservazione del treno, abbellito con immagini d'epoca nelle Centoporte ed allestimenti esclusivi nella carrozza 1931 di prima classe, oltre che nelle due Centoporte in livrea verde vagone riadattate a salone. La partenza avviene con 50 minuti di ritardo rispetto alla traccia concordata (traccia assolutamente inadeguata al treno, basti vedere le soste di un minuto per salita viaggiatori previste!), ma va bene così.

Il Treno dell'Archeologia nei pressi del Bivio Metaponto, poco dopo Taranto

Il 626 va in trazione e finalmente ci si inizia a muovere. Poco dopo le OMR, si va già ad una ragguardevole velocità, che poi aumenta non appena si entra nella veloce linea Taranto - Bari.
L'atmosfera che si respira è piacevole, d'altri tempi (ed era solo l'inizio), con il rumore delle rotaie che ormai nei treni di oggi è diventato quasi raro ascoltare. A Massafra la prima sosta, dove sale una considerevole quantità di persone, anche se in maniera più che discutibile come si può evincere dalla foto.

Passeggeri in salita a Massafra

Si prosegue tra lo sguardo sbalordito delle persone ai passaggi a livello e per le strade, una costante che ci accompagnerà per tutto il viaggio. Dopo lo stop&go a Castellaneta, fermata all'inizio prevista ma poi saltata dal programma, si va diretti su Bari Centrale. A Bitetto ci fermiamo per incrociare la Freccia del Levante, treno a noi molto caro, con la E444.046 in testa. E' anche l'occasione per fare un paio di scatti al mastodontico 626.

Bitetto: E444R.046 al traino della Freccia del Levante, diretta a Crotone

Vista da 3/4 per la E626.185

Le carrozze Centoporte in composizione al treno

Si riparte nella linea a binario unico per Bari, passando per Modugno di fianco alle nostre già citate cugine FAL. Neanche 20 minuti e giungiamo nella immensa Bari Centrale, accolti anche qui da una moltitudine di turisti e ferromaniaci. Troviamo in stazione anche la Freccia Salentina, in piena fase di sgancio dei carri DDM per trasporto auto al seguito. Sgancio che dimostra la forza bruta del D245, che nonostante la frenatura ancora attiva nei carri DDM, si traina gli stessi con estrema disinvoltura, anche se è da immaginare il forte stridio al momento dello spostamento.
La 626 ci lascia, andando in deposito, e viene abilitato il banco della D443.1030, da poco tirata a lucido dai soci ATSP. Il forte rumore del propulsore diesel si inizia a far sentire al momento della prova freno, mentre si accresce la curiosità dei passeggeri in sosta nella stazione del capoluogo pugliese. Sostiamo di una ventina di minuti, il tempo di acquistare una bottiglietta d'acqua e si riparte.

La D443.1030

Destinazione Spinazzola

I carri DDM della Freccia Salentina, con sullo sfondo il 245.6043

Rispetto alle D445, le D443 hanno un rumore molto più "crudo", in cui si riesce quasi a sentire il movimento dei pistoni all'interno dei cilindri. Ce ne accorgiamo al momento della partenza, quando il rombo del nostro diesel si fa eco nell'intera stazione. Superiamo il fascio merci per poi entrare in Adriatica, dove si comincia a far scalpitare i cavalli.
Dopo un , c'è la fermata a Bari Santo Spirito, altra stazione dove carichiamo un discreto numero di persone che ci accolgono con festa. Il ritardo, intanto, aumenta. Ironico come a treni ordinari vengano date tracce larghe fino allo scandalo mentre a un treno storico, con materiale non certo d'ultimo grido e con tempi di incarrozzamento piuttosto lunghi, viene relegata una traccia degna di un Eurostar.

L'arrivo a Bari Santo Spirito

Le prossime fermate programmate sono Trani (sola discesa, per chi ha prenotato la visita alla graziosa città adriatica) e Barletta, dove imboccheremo la linea per Spinazzola e Rocchetta Sant'Antonio.
Durante il tragitto, il bagagliaio DU, adibito a bar, viene progressivamente affollato per un caffè o una bottiglia d'acqua, mentre soci ATSP, insieme al personale viaggiante di Trenitalia, danno spiegazioni e curiosità ai visitatori sul treno storico.
Dopo 10 minuti di sosta a Barletta, veniamo instradati sulla linea diesel per Spinazzola, una delle poche rimaste in Italia ad essere gestite in Dirigenza Unica, della quale parleremo più in dettaglio tra poco.

La prossima fermata è nella piccola stazione di Canne della Battaglia, costruita a servizio dell'importantissimo sito archeologico omonimo, dove ebbe luogo una delle battaglie principali tra i Romani e i Cartaginesi, nell'ambito delle Guerre Puniche (maggiori informazioni su http://www.comitatoprocanne.com/). Qui è prevista una sosta di 2 ore per permettere ai turisti di visitare l'immenso parco archeologico, seppur riscontrando in seguito qualche difficoltà legata all'organizzazione della visita agli scavi. Noi ne approfittiamo per fare qualche foto al treno, scambiando anche due chiacchiere col macchinista e con altri membri dell'Associazione. Inutile dire che quel treno inserito in quel contesto, con una linea rimasta almeno a 10-15 anni fa, crea una piacevole e nostalgica sensazione di vera rievocazione storica.

Canne della Battaglia

Discesa viaggiatori

La splendente D443.1030 in testa al treno

La carrozza di prima classe, anno 1931, sembra sposarsi perfettamente col paesaggio circostante

Dopo due ore si riparte, più precisamente intorno alle 12.30. E' evidente il ritardo accumulato..
A Canosa si entra in deviata. All'inizio si pensa all'assurda probabilità di un'incrocio, dato che la linea è solitamente chiusa la domenica, ma poi viene in mente la filastrocca del Dirigente Unico. Infatti su questa linea, a differenza delle altre, sono presenti i cosiddetti deviatoi tallonabili, disposti sempre per l'ingresso dei treni sul binario di sinistra. Ogni entrata in stazione viene effettuata a 30 km/h, ed in uscita i deviatoi vengono presi di calcio, con il treno che sposta con il suo peso gli aghi facendoli momentaneamente posizionare nella maniera consona al passaggio del treno ma senza creare rischi di deragliamento, aghi che ritornano alla posizione iniziale grazie ad una molla ubicata sotto i tiranti che si attiva non appena transitato il treno. Tale sistema evita la necessità di controllo remoto degli scambi, riducendo quindi solo al segnalamento luminoso il compito del Dirigente di Movimento.

Il treno si arrampica sulla rampa precedente Spinazzola

Chiusa la parentesi tecnica, il viaggio prosegue, ma non senza difficoltà. Infatti, alcune condotte dell'aria del freno hanno leggere perdite, che frenano alcune carrozze. Nell'ardua salita verso Minervino, tra l'altro in curva, il treno si pianta. Diversi i tentativi di smuoverlo, gettando sui binari molta sabbia al fine di aumentare l'aderenza. Fortissimi i sobbalzi dovuti allo sforzo della D443, senza contare i solchi lasciati nel binario dal pattinamento delle ruote. Dopo 10 minuti buoni, finalmente i macchinisti riescono a mettere in marcia il treno, che poi prosegue verso Spinazzola a velocità abbastanza sostenuta, con l'unica eccezione della sosta di movimento a Minervino, attraversando assolate campagne e piccole strade poderali.
Finalmente si arriva a Spinazzola, con due ore abbondanti di ritardo e i bus per il ristorante in città già pronti nel piazzale. Nota di colore, veniamo accolti nientemeno che con l'Inno di Mameli.

L'arrivo a Spinazzola

La 668.1008 in livrea pubblicitaria affianca la nostra D443.1030

Particolarità della stazione di Spinazzola sono i segnali di avviso e protezione ancora atti col sistema ad ala. E' una particolarità pressochè unica in Italia, la quale rende questa ferrovia ancor più affascinante e adatta ai treni storici. Peccato per i paletti per l'SSC, che rovinano decisamente la visione d'insieme della linea.

Il segnale di protezione ad ala lato Rocchetta, con la 443 in manovra

L'abitato di Spinazzola, immerso nelle colline della Puglia centrale

La livrea XMPR delle ALn.668 sembra stonare con le carrozze Centoporte e il fabbricato viaggiatori di Spinazzola

Durante la sosta, ovviamente, si pranza. Ci stipiamo nel bagagliaio DU assieme ai soci ATSP, dove le diverse pietanze sapientemente cucinate (ovviamente) dalle "donne di casa" ci fanno quasi dimenticare il lungo e impervio viaggio per raggiungere la graziosa stazione. Dopo, qualche momento di relax sotto alcuni pini adiacenti la stazione, cercando un'ombra assolutamente necessaria dato il fortissimo caldo che si riusciva a percepire. Ci raggiunge a Spinazzola il nostro amico Ellis Barazzuol, incontrato pochi giorni prima a Catanzaro, intento a fotografare il treno lungolinea. Ci reincontreremo di nuovo a Minervino. Nel frattempo, iniziano improvvisate gare di ballo sotto la pensilina della stazione, dove vengono anche esposti e venduti prodotti tipici della zona. Qualche decina di minuti prima di partire, una veloce visita all'Ufficio Movimento, col simpaticissimo e professionale capostazione ed il manovratore. L'atmosfera è davvero bella, davvero "storica" con i balli popolari. Inutile dire che al momento dei soliti balli di gruppo "moderni", quella sorta di incantesimo si è andato a rompere.
Altra nota a margine, la presenza di tanti bambini alla stazione di Spinazzola, bambini che correvano intorno e dentro al treno, forse stupiti di quella presenza così rara da quelle parti come un treno con carrozze, per di più storiche.

Si balla sul marciapiede del primo binario

Dopo la riposante sosta, però, è ora di ripartire per tornare a casa. I pullman da Spinazzola giungono in stazione, il tempo di caricare tutti i passeggeri, verificare che sia tutto apposto e si parte. Lasciamo Spinazzola affiancando la linea per Gioia del Colle con destinazione Minervino Murge, dove avrà luogo un'altra grande sosta per visitare delle grotte in città. La stazione di Minervino sorge meno isolata rispetto a Spinazzola, ed è l'occasione per approfondire un pò l'argomento sui deviatoi tallonabili, che qui possiamo visionare da vicino.

Poco dopo Spinazzola, di fianco alla linea diretta a Gioia del Colle

L'abitato di Minervino dalla stazione

Il Fabbricato Viaggiatori con Francesco, Roberto ed Ellis diretti verso la testa del treno

Il treno fermo a Minervino Murge

Ellis e Roberto girovagano intorno al deviatoio tallonabile lato Barletta

Anche a Minervino una lunga sosta, con un ritardo sulla tabella di marcia che ormai rasenta le 2 ore e 30 minuti. Il caldo intanto inizia pian piano a diventare meno soffocante, così male in fin dei conti non si sta. Tuttavia, anche qui dopo un bel pò si è costretti a partire. Prendiamo posto nella carrozza X del 1964, con sedili in similpelle per la felicità di Roberto. Prossime fermate Barletta, Trani e Bari Santo Spirito, prima di arrivare a Bari. Mentre il sonno si fa pian piano avanti, il sole inizia a lasciare il posto al buio. E' quasi sera, e improvvisamente nel treno cala un'atmosfera davvero coinvolgente, speciale, particolare. Mai come nell'ultimo tratto ci si è sentiti davvero negli anni '60, quasi come in quei grandi treni come spaccati della società italiana di allora, con le luci soffuse e colori che oggi è ben difficile trovare in giro. Nonostante il ritardo, la gente è visibilmente contenta, soddisfatta. In fondo, con un treno così non poteva essere altrimenti.

L'arrivo, ormai al crepuscolo, a Bari Centrale

La E626.185 manovra per agganciarsi al treno

La nostra carrozza X in primo piano

Ad aumentare il ritardo ci pensa il 626, che da non pochi problemi al momento della partenza, arrivando addirittura a spegnersi. E' definitivamente tramontata l'idea di prendere l'IC 615 per tornare a casa, e si fa difficile per Francesco prendere l'Exp956 per tornare a Roma. Dopo una ventina di concitatissimi minuti, finalmente lo "schiacciasassi" classe 1935 muove i primi passi, per poi bruscamente entrare in trazione e, finalmente, partire. E' ormai notte fonda, le luci fioche delle carrozze continuano a trasmettere un'atmosfera fantastica. Molti membri ATSP si trasferiscono nella carrozza X, lasciando a dormire i parenti, soprattutto i più piccoli, nella prima classe 1931. Al momento del nostro "trasloco" dalla X al Bagagliaio DU possiamo assistere a queste scene, che ancor di più ricreano quella favolosa atmosfera da viaggio anni '60. Ultimi compiti (almeno personalmente) da membro ATSP, quelli di avvertire i viaggiatori dell'arrivo a Massafra, chiudere i finestrini e raccogliere le buste per l'immondizia posizionate nel treno. Quando si iniziano a vedere le gru del Porto di Taranto, ci si sente quasi a casa, e non nascondo una leggera malinconia per la fine di un così lungo, bello ed avventuroso viaggio.
Che può considerarsi concluso mezz'ora dopo, quando a Metaponto raggiungiamo in macchina il 956, che Francesco aveva perso a Taranto. Una doppia avventura, insomma.

Foto ricordo del "trio calabro" (Francesco, Roberto e Vittorio) e Valentina Pavese, socia ATSP e grande amica di Ferrovie in Calabria, all'interno del bagagliaio DU.

Consigliarvi di prender parte ai treni storici organizzati dall'ATSP è il minimo che possiamo fare. Il minimo sia per la bellezza intrinseca ai viaggi in treno storico, con l'atmosfera che già citavo in precedenza, sia per l'impegno e la dedizione dell'Associazione Treni Storici Puglia verso il loro lavoro. Un plauso personale verso tutti i membri, rivelatisi fondamentali in ogni momento del viaggio. Un grazie anche al Presidente dell'ATSP Oreste Serrano, per aver fondato questa sempre più importante, vivace e bella realtà, che nel tanto travagliato Mezzogiorno d'Italia è sempre un belvedere. Un altro grazie speciale va sia Giuseppe, che ci ha gentilmente ospitato eliminandoci tanti problemi che avrebbero potuto anche compromettere il viaggio a Taranto, che a Valentina, già "fautrice" del giretto da Taranto a Locorotondo, oltre che molto utile per l'organizzazione e la buona riuscita della nostra lunga, ma assolutamente piacevole, trasferta pugliese.
Alla prossima!

Nessun commento: